mercoledì 21 agosto 2013

c'è un viale dietro casa mia

C'è un viale dietro casa mia. Quando lo si intraprende non se ne vede la fine ed è un vortice di verde, un corridoio di ombra per chilometri e chilometri. Non so quanta strada si percorra, so solo che arrivata alla fine del viale, solitamente, mi sento la testa già più sgombra da pensieri e ansie e le gambe doloranti.
Oggi però ho sentito che per ritornare ad essere pacata e pacifica col mondo esterno quel corridoio verde non mi sarebbe bastato. l'ho percorso 4 volte. La prima avrei voluto fermarmi ad ogni singolo tronco d'albero per tirare pugni e calci; il secondo giro mi limitavo a brontolare; il terzo giro sentivo gli uccelli cantare sugli alberi e al quarto mi meravigliavo di quanto fosse bello quello che vedevo.
Il primo anno in una terra straniera vola via che ti sembra di aver giocato. Quando una sera decidi di provarci per un altro anno, alcuni pensieri iniziano a sussurrarti dentro...stai mettendo radici qui o le stai togliendo dalla tua terra? stai perdendo tempo e amici o sei sulla strada migliore per te?sei da sola, un altro anno...e la lingua?e perchè stai qui? e il lavoro e i soldi e il futuro?
In Italia ero bombardata dalla presenza di persone, volti e parole ma arrivata qui il silenzio è stato assordante,  amplificato dall'assenza di Isa per casa. Mi intrufolo in bar italiani e parlo, parlo, parlo così velocemente e voracemente in italiano che costringo il barista a sedersi a bere un cappuccino con me per stare dietro a tutti i miei discorsi. In casa sono finiti anche i biscotti "Mulino Bianco". Rientro difficile. Sento il bisogno di sentire mia mamma, da quanto tempo, che bello...e glielo dico così, sul finale della telefonata, in sfumata, quasi ne avessi timore: "ti voglio bene".



venerdì 9 agosto 2013

Le cose di quaggiù

Io, il condizionatore e Natalia Ginzburg, stasera le sue parole sono mie : "arrivarono lettere dalla mia città, con notizie di nozze e di morti dalle quali eravamo esclusi."
Ripenso a Erika, alla mia amica che tra qualche giorno avrebbe compiuto gli anni.
Penso a S e C al loro amore nato sotto i miei occhi, ascoltato nei pomeriggi di Domenica trascorsi in pigiama in una piccola stanza in centro città. Si sposano. Lei sarà solare nel suo vestito bianco e lui emozionato e sudato mentre la aspetta all'altare.
Oggi sono a casa, casa casa, quella in Italia, quella che non ha un odore particolare perchè ci sei troppo abituato per riconoscerlo; quella dove hai aneddoti e ricordi in ogni angolo. Prendo la bici di mio papà, lascio il cellulare a casa e mi ritrovo a pedalare spedita su strade che conosco. Inizio ad immaginare di parlare con mio padre, come quando percorrevamo quelle vie insieme, lui su quella bici che oggi è mia. Gli avrei detto tutto di quelle morti e di quei matrimoni e su questi ultimi avremmo sorriso e scherzato. Le mie gambe vanno inaspettatamente veloci, gli allenamenti di Hannover danno i loro frutti e incredula sulla mia velocità, due ore dopo, mi ritrovo lì, sulla panchina dove, da sempre, come rito, mi fermo per scrivere un messaggio a qualcuno che non sento da tempo. E' un rito dall'origine enigmatica che ormai non posso fare a meno di compiere quando passo di lì...ma il cellulare è a casa, che bello, così dopo aver appoggiato la bici alla panchina, mi ci siedo sopra e guardo in sù. Quando guardo il cielo penso sempre a Wulf con cui, un anno fa, guardavo i cieli portoghesi. L'anno scorso, con lui, avevo guardato il cielo, dopo tanto tempo, senza aver paura che guardandolo mi sarei sentita piccola e sperduta. Un anno dopo sono qui, sento che non mi basta immaginare mio padre, Wulf o chicchessia, sento che mi manca qualcuno che mi stia accanto mentre da quaggiù guardo il cielo.

sabato 13 luglio 2013

Maria


Capelli rossi raccolti sulla nuca, ciuffi sottili che non riescono a stare al loro posto e formano una cornice inregolare attorno a quel  viso pallido. Dev'essere stato duro passare 76 estati sotto il sole di Sicilia, con quella pelle chiara, originaria di chissà quale popolo conquistatore passato di là qualche secolo prima. Lei è seduta sui gradini della porta, unico luogo di tutta la casa in cui riesce a sentire un filo d'aria passarle tra le gambe e darle sollievo. Il suono ritmico e assordante delle cicale è rotto solo da qualcuno che le urla: "Maria!!!!"
Che bel nome Maria, mi è sempre piaciuta la sensazione di aria fresca che dà la parola Maria. Una poesia, una preghiera in un suono.
La immagino così mia Nonna paterna, in uno dei tanti pomeriggi torridi nell'estate dei suoi 27 anni. La penso spesso mia nonna, la penso quando i miei capelli sotto il sole diventano color rame, la penso quando mi guardo le labbra e il naso e quando voglio avere l'esempio di una donna umile, segnata dalla vita che nonostante tutto è riuscita a non odiare.
La storia della "mia" Maria è una storia che non racconto spesso perchè nessuno potrebbe credere che in una Sicilia di 80 anni fà, ci potessero ancora essere destini simili a quelli raccontati da Verga in quella stessa terra. 
Restare incinta fuori dal matrimonio, o rimanerlo prima di nove mesi dalla data del matrimonio, era qualcosa di vergognoso, se poi ti nasceva un bambina con i capelli rossi lo era ancora di più. Così, per non vergognarsi troppo, i genitori di Maria decisero di regalarla ad una coppia di zii che non avevano potuto avere figli.
A Maria non vennero mai raccontare bugie amorose e da subito seppe la verità, che lei non era figlia di quelli che chiamava padre e madre ma di quelli che vedeva ogni tanto in qualche riunione di famiglia: di quell'uomo che faceva finta di non vederla e di quella signora sconosciuta che la trattava con freddezza.
Nel tempo Maria conobbe anche i suoi 7 fratelli naturali, giovani con davanti un fururo di studi e di università. Maria no, nonostante il "padre" adottivo volesse, i genitori naturali e la madre adottiva si opposero alla sua istruzione, i primi perchè era la figlia della colpa che probabilmente doveva espiare per tutti e la seconda perchè non riuscendola ad amare come figlia aveva optato per tenerla come aiutante nelle faccende domestiche.
Ci sono cattiverie umane che un bambino cerca di capire fino all'ultimo dei suoi giorni. Mia nonna non parlava spesso della sua vita prima del matrimonio, ma quando ne parlava piangeva e mormorava solo "io non so perchè, ma perdono". A 27 anni, per l'epoca molto tardi, mia nonna trovò un marinaio che si innamorò dei suoi capelli rossi e la trattò, per la prima volta, come una cosa rara e preziosa. Quando sento gli umili e gli oppressi del Vangelo penso a Maria, ai suoi occhi pieni di lacrime e al suo dire "io ho perdonato."
Vorrei averle chiesto tante cose, ma nel tempo trascorso con lei,  a certe domande, ho risposto guardandola. Per certe vite non c'è spiegazione, brillano solo sotto uno sguardo divino, e sono le più accecanti.

sabato 1 giugno 2013

vorrei essere altrove

Vorrei prendere un aereo in direzione Sicilia, guardare i miei cugini negli occhi e abbracciarli. Stasera se ne è andata mia zia, avrà raggiunto mio papà, suo fratello e tutti quelli a cui probabilmente pensava la sera prima di addormentarsi. Quando qualcuno se ne va, anche quando Erika se ne è andata, mi piace pensare che passino  da qui a vedere come me la sto cavando.
Quando qualcuno se ne va non mi piace rimanere in Germania, mi attacco sempre al computer perchè ho una voglia forte di vedere mia nonna e mia mamma, toccarle, sentire che ci sono e controllare con i miei occhi che la sera vadano a letto e che la mattina dopo siano con me a fare colazione. Quando qualcuno se ne va mi viene voglia di dire ti voglio bene, di dire mi piaci, di dire ti amo, non lasciarmi; Quando qualcuno se ne va mi si aprono ferite mai rimarginate e ritorno bambina, piango come quando avevo 3 anni, cerco le braccia di mio padre e vorrei chiedere a mia mamma di poter dormire con lei nel lettone. Vorrei essere altrove stasera, vorrei essere con mia mamma e mia nonna, vorrei essere con i miei fratelli e mio zio, vorrei essere altrove.

venerdì 24 maggio 2013

Amelie

Batteria non abbandonarmi adesso, non potrei ricaricarti quassù, senza luce e con la presa elettrica troppo lontana.Su questo letto sopraelevato mi sento come un poeta parigino di fine '800 che di notte, nella sua soffitta, scrive  finchè il mocciolo della candela glielo permette.Stasera di nome faccio Idiota. La devo smettere di pensare che esistano coincidenze a cui dare un nome e un significato mistico. Non c'è nessun  omino che colleziona fototessere scartate da cercare, nessuna mattonella del bagno che aprendosi dischiude un tesoro da ridare a qualche sconosciuto parigino. Si,  nel mio bagno ho una mattonella spostata e dietro non c'ho trovato niente! Ecco è così, mi capitano mattonelle spostate e io cerco sempre il tesoro nascosto dietro...ma dietro non c'è mai niente!
Da quando sono nata il mio occhio cerca nella realtà magie invisibili, collegamenti magici, storie diverse, ma ci sono delle sere,come oggi, in cui qualcosa rompe la magia e mi fa vedere il mondo grigio e piovoso come le strade di Hannover!...allora anche io mi ritrovo in cucina a preparare la cena mentre, ascoltando i passi del gatto, immagino che invece siano i passi di qualcuno che vorrei lì. Ma dietro non c'è nessuno. Credevo che una canzone mi rivelasse qualcosa di chi l'aveva messa, qualcosa che dovevo sapere per capire, capirlo, capirci...ma dietro la mattonella non c'era niente; dovevo capire perchè perdo la simcard per strada e la ritrova J. e dopo 3 mesi perdo la mini chiave del lucchetto della bici per strada e J la ritrova... ma sai stasera cosa penso? che dietro non c'è niente...


sabato 4 maggio 2013

A bordo vasca

Quando arriva il 15 Maggio? spero presto, ormai in questa casa mi sento un pesce rosso a cui non cambiano mai l'acqua: boccheggio.
Fuori da questa casa ho un bosco, amici chiassosi e voglia di vivere.
Per complicare il tutto è arrivata la vecchia tata a far visita...solo una così poteva trovarsi bene in questa casa, dopo di lei 2 sono scappate e io sono rimasta a fatica.
I miei sforzi per trattare F. da bambino autonomo e non da principino immobilizzato si sono volatilizzati a suon di "picci picci; vieni qui te lo faccio io; poverino".
Ma in tutta questa insopportabile situazione la cosa più insopportabile sono io e il mio modo usuale di affrontare certe dinamiche: scazzarmi.
In fondo sono gelosa di F. questa qui è arrivata di punto in bianco e si è messa a coccolarlo, viziarlo, spupazzarlo senza minimamente pensare di entrare con i piedi di piombo in una relazione precedentemente esistente, cioè la MIA! ma manu, ma chi ci pensa a queste cose, solo tu ci avresti pensato, solo tu e la tua testa che di secondo nome fa "complicatezza". La mia "complicatezza" ha sempre reagito a queste cose nello stesso modo,sottraendosi: "Ok fate come se non ci fossi."
 Perchè facciamo certe cose? perchè per esempio con certe persone mi chiudo a riccio e mordo anche se sento di volergli bene?
Forse se  fossi andata a nuotare e non fossi rimasta  a bordo vasca ad aspettare F, non avrei iniziato tutta questa trafila mentale e non sarei arrivata alla scoperta  di avere un carattere, davvero difficile e questo per tanti motivi, ma uno su tutti: IL NON DETTO. I nostri comportamenti avrebbero senso se spiegati, ma  non li spieghiamo, viviamo nei non detti nostri e degli altri che ognuno interpreta a suo modo. Poi ci sono quelle persone che "ci leggono dentro"a cui è data la giusta chiave di lettura dei motivi e delle emozioni che muovono il nostro agire. Ma queste sono eccezioni, non si può sperare di circondarsene e non si può fare una colpa a chi non riesce a capire ciò che non diciamo. Per questo in fondo sono arrabbiata con me stessa, con la difficoltà che ho di spiegarmi e di aprirmi. Che colpa ne ha la "tata di turno" se non le spiego che in fondo non è carino entrare in spazi altrui senza chiedere il permesso, che colpa ne ha quella persona se non sa che sono sgorbutica, pur volendogli bene, perchè c'è qualcosa di lui/lei che non mi è chiaro. Sarebbe così semplice...EPPURE...

mercoledì 10 aprile 2013

Nostalgia

Cara Eri,
Non ci sei più da qualche ora. Chissà dove sei. sei polvere? sei spirito?  E io non so con chi piangere. Come si dice in tedesco "oggi ho perso una delle mie amiche più care" ? non lo so.
Cosa ne sanno loro delle nostre passeggiate a Pontevico, di quel pranzo in montagna dove mi stavo soffocando dal ridere, delle ore in università passate a scrivere sul foglio che io avrei voluto lavorare solo a part time..e tu che te la ridevi. Come si fa?
Quest'estate siamo andate in quella casa, ti ricordi?nel tragitto grandinava e ferme sul ciglio della strada, ridevamo come matte del fatto che una volta che ci muovevamo veniva giù il mondo. Quel pomeriggio abbiamo dormito il dormibile e poi siamo scese in città, abbiamo preso delle riviste di gossip e ci siamo messe li a leggerle insieme. Chissà dove sei. Forse oggi mi piastrerò i capelli sperando che tu sia li con me e che finalmente te la ridi pensando che ora tu non ne hai più bisogno. Nel bagno dell'università ci andavamo insieme e c'è stato un periodo che tu,sotto i jeans, avevi  il pigiama. Quando mi sono laureata mi hai portata alle terme, è stato il giorno in cui scordai le chiavi della macchina a Sirmione e dovemmo fare la strada 4 volte, mentre tua madre mi diceva "laureata laureata ussignur!". Aveva ragione, eravamo entrambe laureate ma insieme sembravamo due ragazzine delle medie. Durante la sua malattia vidi piangere mio padre solo una volta e fu quando gli dissi che ti avevano trovato un tumore maligno al seno.Me lo ricordo, era sul divano e dopo aver parlato con tua madre, chiuse il telefono e per qualche minuto si asciugò solo le lacrime. Ho sempre pensato che lui piangeva perchè sapeva il dolore che avresti dovuto vivere. Vienimi a trovare eri, quando dormo, in sogno; mentre passeggio, in un pensiero; mentre mangio in una battuta che mi soffocchi dal ridere. Vienimi a trovare.

venerdì 5 aprile 2013

il congiuntivo 2: futuro incerto

Ci sono dei giorni in cui nonostante la professoressa stia spiegando l' argomento su cui verterà  la  prossima prova, la  testa lascia tutto come rumore di sottofondo e inizia a viaggiare per mondi lontani. Io viaggio scrivendo. Così mentre tutti pensano che io stia prendendo nota delle differenze che vi sono tra il congiuntivo e il congiuntivo2 , io scrivo di altro e scrivendo di altro mi ritrovo a parlare con persone lontane o con me stessa. Mentre "parlavo" con D. di come l' ho trovata e di come sia stato bello rivederla, mi scappa da scrivere che "il cambiamento è la cosa più difficile che la vita ci richieda". Forse non stavo più parlando con D.
Quando a 16 anni lessi il "giovane holden" mi innamorai del libro e di una frase in particolare, che rilessi più e più volte:"Certe cose dovrebbero restare come sono. Dovreste poterle mettere in una di quelle grandi bacheche di vetro e lasciarcele."
Lo pensavo anch'io, era esattamente ciò che pensavo. Avrei voluto mettere nella bacheca di vetro mio papà, il mio paese, i miei giri in bici, i miei amici. Così, non cambiate niente per favore.
Adesso, ho 10 anni in più e in fondo sono ancora così, ma una delle poche cose che ho capito è che la vita è cambiamento e la vera forza dell'uomo stà nell'accettare i cambiamenti e nel dargli  senso nella propria esperienza. Cambiare lavoro, cambiare università, lasciare qualcuno, vivere senza qualcuno, decidere per una cosa o per un altra..le vere sfide della vita riguardano l'accettare il cambiamento o il decidere di attuarlo con i rischi che ne derivano. Per me il cambiamento più difficile da accettare è stato quello di dover vivere, crescere senza mio padre accanto che per me era il mio migliore amico, la mia roccia, il mio senso. Al secondo posto il cambiamento più difficile da accettare sarebbe quello di non essere più immersa nel mio paese ed anche qui mi ci sono ritrovata in pieno.
 Ieri sul treno da Bremen mi sentivo una zingara leggera, oggi sulla metro da Hannover ho percepito il caos della mia vita che mi stava portando verso decisioni troppo difficili. Questioni di punti di vista, un giorno ti senti libera e l'altro giorno la libertà e le infinite scelte ti mettono davanti al caos. Per mettere ordine dovrei scegliere di cambiare. Cambiare nazione per esempio. Ho chiuso il foglio su cui stavo scrivendo, ho preparato il mio zaino e ho detto alla mia compagna di banco: 

"ich muss  gehen, morgen kannst du bitte mir sagen was das Konjunktiv 2 ist?"*
" du kannst das benutzen... z.b  hypothetischen Zukunft Sätze"
" ah..so...ich werde das viel benutzen"


* "Io devo andare, domani puoi prefavore spiegarmi cos'è il congiuntivo 2?" 
 " Puoi usarlo per le frasi in cui racconti di un futuro ipotetico per esempio."   
" ah ..allora mi servirà tanto."

mercoledì 3 aprile 2013

Metafore tecnologiche

 L'I-pod, impostato su "brani casuali", passa  "Nomadi" di Battiato, mentre guardo,dal finestrino del treno, la Germania che mi passa davanti ...

Nomadi che cercano gli angoli della tranquillità
nelle nebbie del nord e nei tumulti delle civiltà
tra i chiari scuri e la monotonia
dei giorni che passano
camminatore che vai
cercando la pace al crepuscolo
la troverai
alla fine della strada. 

  
Stanno parlando di me? di una persona con la valigia in mano, in cerca, per strada...
La riascolto e mi si stampa un sorriso sul viso. Sono una nomade e sono anch'io in un momento di "impostazione casuale".
Sto andando verso una città dove dovrò trovarmi una nuova casa, un nuovo lavoro in meno di un mese e il motivo per cui mi ci sono ritrovata non mi è del tutto chiaro..ma  mi viene lo stesso da ridere. Sono una nomade casuale.


domenica 17 febbraio 2013

Se, quando

Se un giorno avrò un figlio, vedendolo tornare a casa infangato e sporco farei la faccia seria, ma di quelle che nascondono un sorriso. Sarei contenta in cuor mio di sapere che ha saputo giocare anche senza il sole. Gli direi con tono fermo: "c'era bisogno di rotolarsi così nel fango?" e poi spererei di sentirmi rispondere: " si mamma, perchè era bellissimo."
Se mai avrò un figlio spero che il racconto delle sue estati non siano le sweet dell' Hilton Hotel o le attività del villaggio turistico, ma i giri in bici con gli amici, i pomeriggi sotto gli alberi a chiaccherare o a cercare refrigerio in qualche bar.
Se avessi un figlio vorrei che di suo padre non apprezzasse tanto la carriera, il numero di aerei presi in una settimana, gli inviti ad eventi o il conto in banca, ma vorrei che stimasse la sua capacità di guardare al mondo e di stare in esso con sensibilità e capacità.
Se potessi essere franca, stopperei A. in uno dei tanti momenti in cui, pensando di suscitare in me invidia, racconta di qualche viaggio, evento mondano o personalità illustri che ha conosciuto e  gli direi: sai, è vero, non ho idea di come sia fatto un volo intercontinentale e non ho certamente incontrato tutte le personalità illustri che il lavoro di tuo padre ti ha permesso di incontrare, ma della tua vita non invidio nulla.
A 15 anni passavo le estati sulla bicicletta con quel gruppo di ragazzi con cui al mattino tenevo a bada i 30 bambini del Grest. Quando c'era troppo caldo per incontrarsi mi mettevo sul dondolo e mentre il movimento lento mi dava l'impressione che tirasse aria, divoravo i romanzi di J. Austen ed imparavo a sognare amori tempestosi e bellissimi. La sera verso le 5 sentivo il rumore dei freni della bicicletta di mio papà e lasciavo i personaggi di carta per iniziare con lui qualche discorso  che sarebbe continuato sul dondolo fino a sera. E tu A.? non cambieresti il tuo Hilton per una bicicletta e 4 amici? non cambieresti la carriera di tuo padre con sterminati pomeriggi sul dondolo con lui a raccontargli qualunque cosa ti passi in mente?

Quando mi manca mio papà come in queste sere, mi dico sempre che qualcosa di così grande non può essere polvere nell'universo, fortuito caso cellulare, vita finita. Lo rivedo li sul dondolo. Non cambierei quei momenti con niente. Quando mi manca mio papà come in queste sere mi sento un puntino sperduto, una bambina "lasciata sola davanti a scuola".Quando mi manca mio papà come in queste sere mi arrabbio con Dio. Quando mi manca mio papà come queste sere spero sempre che la notte passi leggera e che domani io mi risvegli  con l'animo lieto e leggero come quando gli parlavo dondolando.

venerdì 8 febbraio 2013

der kleine prinz

Vivo in una casa di 5 piani con soffitti alti come si usava un tempo, stucchi bianchi e vetrate luminose. Ognuno ha la propria stanza con decine di oggetti che non verranno mai usati.
Le credenze della cucina sono colme di piatti in base ai colori, alla forma e alla grandezza e nonostante sia diventato difficile trovare spazio, ogni tanto ne vengono comprati di nuovi, magari di una porcellana diversa e con una fantasia più floreale. I discorsi più piacevoli a tavola riguardano il progettare vacanze, sempre e comunque lontano, dove sia possibile fare sport, non cucinare e lasciare che qualcun'altro si occupi dei bambini. Tutti i bambini sono iscritti in una scuola privata, di alto livello s'intende, e il loro scopo è principalmente quello di studiare e prendere ottimi voti a scuola e ottenere ottime vittorie nello sport: se sei un ragazzo di successo diventerai un adulto di successo cioè avrai un buon posto di lavoro  e preferibilmente  una buona carriera. La carriera, è questo che da valore ad una persona: "che lavoro fa?"; "ha fatto una bella carriera"; "lui è uno importante!".
E la domenica si va in chiesa.
Dov'è la vita? in quale istante della stressante giornata è la vita? ma se uno di loro si fermasse a pensare al perchè fanno le cose, al perchè corrono, al perchè faticano al perchè studiano...davvero rimarrebbero in una vita del genere?
Il fare, è una droga è un alienazione che fa andare avanti solo le vite che non si fanno domande. Oh come le invidio, come è facile. Ci sono persone, lo so, che vivranno più felici di me con la loro carriera e con il loro lusso. Se un giorno il piccolo F., con le sue mille domande, con quegli occhioni azzurri spalancati si farà una domanda fondamentale...dovrà cambiare tutto.
F. e le sue domande pressanti e vere, lo rendono uguale al piccolo principe, che davanti al caotico mondo adulto riceve risposte di cui non è soddisfatto. A volte capita sul pianeta dell'uomo d'affari che vuole possedere le stelle per non farsene nulla; altre volte il lampionario, schiavo del lavoro e del fare.
Spero che anche il piccolo F. possa incontrare la volpe che gli spalanchi il mondo dell'amicizia, un mondo che lui, in queste quattro mura tra pianoforte, compiti e tennis non vive.
La mia volpe è stata mio papà e come la volpe dona un segreto al piccolo principe ,così lui mi ha insegnato la più grande verità che conosco: Il vero lusso sono i rapporti umani.

lunedì 28 gennaio 2013

Quei "vaffanculo" non detti...

Quei vaffanculo non detti certe sere non ti lasciano dormire, sogni di avere davanti Lui,vigliacco e codardo e  quella "amica" che dopo aver chiesto e ottenuto, due giorni dopo la laurea sparisce nel nulla. Lo so che se stasera non scrivo mi rivolterò nel letto ancora e ancora e ancora finchè suonerà la sveglia e mi sembrerà di essermi appena addormentata. Avrei così voglia di lasciarmi un preciso pensiero alle spalle, di buttare via tutto il "pacchetto" di rabbia e delusione che è talmente vivo in me che basta un'intervista  in tv, una pagina di un libro, una poesia o una domada per farlo rivivere intensamente. Avrei talmente voglia di svegliarmi domani e al suono di quel nome dire: "chi scusa?".
Il mio compagno di corso è impressionato dalla velocità con cui rispondo "Non lo cerco e non lo voglio" alla classica domanda "sei fidanzata?"; faccio spallucce quando il libro di grammatica propone come tema di discussione "Beziehungen- Relazioni" e Fayez ride.
 C'è una poesia famosa che ultimamente amo rileggere spesso anche se con un sorriso amaro.

Farò della mia anima uno scrigno
per la tua anima,
del mio cuore una dimora
per la tua bellezza,
del mio petto un sepolcro
per le tue pene.

Penso che per me l'amore potrà essere solo quando avrò davanti qualcuno al quale saprò, vorrò e potrò consegnare la profondità dei miei pensieri, le mie pene più buie e la mia bellezza più intima. Pensavo e sentivo tutto ciò con qualcuno che dopo essere stato scrigno, ha vuotato tutto in un wc tirando più e più volte l'acqua. Che cosa ne ha fatto di tutto? e io?  credo ancora che potrà esserci qualcosa di così profodo ? no. Ma in fondo lo spero.
 Psiche osa guardare Amore alla fioca luce di una lanterna ma da li in poi per lei inizieranno una serie di prove, di discese negli inferi per riconquistare se stessa e la propria anima.
La parte meno poetica di me vorrebbe solo dire che ci sono cose nella vita che possono essere risolte solo con un vaffanculo.


martedì 8 gennaio 2013

similitudini

Quando penso a Wulf mi viene sempre da piangere di gioia come quella sera d'estate in un bosco portoghese. E' lui l'incontro più prezioso che ho fatto nel 2012, non c'è dubbio.
 2Perchè fai il cammino?" gli chiedo mentre condividevamo per caso il tavolino di un bar dove era entrato per salutare D. e S. con cui aveva condiviso la nottata in ostello.
Mi sembrava così normale fare quella domanda, nessuno si mette in cammino senza una storia da raccontare.
Ma lui divaga e mi racconta che ogni estate percorre un cammino europeo diverso, è il suo modo per staccarsi dal lavoro a volte crudele e pesante del polizziotto. Ne vede di tutti i colori durante l'anno, mi racconta, e appena può non vede l'ora di prendere uno zaino e mettersi in cammino per lasciarsi il più possibile tutto alle spalle e riprendere forza.
"E tu?" mi chiede, mentre beve qualcosa.
"Era il sogno di mio papà, lui non c'è più e lo faccio io..." 
Non mi disse niente, ci salutammo e proseguimmo per quella che doveva essere una delle tappe più faticose. L'unghia del piede sembrava doversi staccare ogni volta che appoggiavo il piede, lo zaino mi graffiava la schiena e nonostante tutto ero sempre lotana da chiunque decidesse di non aspettarmi.
Passo una casa dove qualcuno ha scritto il numero di un taxi, lo fotografo per memorizzarlo, non mi sembra possibile che io riuscirò a fare tutta la strada da sola anche oggi eppure con tutti i miei pensieri arrivo alla prima sosta, l'ultima nella quale poter comprare acqua e cibo. Eravamo tutti li noi pellegrini portoghesi, così pochi da riconoscerci già tutti e seduto al tavolino ritrovo il polizziotto tedesco visto la mattina nel bar. Dev'essere arrivato molto prima di me, ha un passo da militare e le gambe allenate, sarà già pronto per ripartire, penso. Finalmente mi siedo anche io e mi  offre un arancio,;da consigli su come affrontare il cammino;guarda D. che si medica le vesciche  e non si alza per ripartire se non quando ripartiamo anche noi. Gli altri sono in pochi minuti già più avanti di me che lotto ad ogni passo per non urlare dal dolore, ma Wulf era girato verso di me che mi aspettava.
Aspettava me. Aspettare non è facile, richiede pazienza, sacrificio e motivazione, posso dire che in 8 giorni, dei miei amici solo A. ha deciso di aspettarmi, con gli altri non ho mai camminato fianco a fianco per più di mezz'ora. Ma lui aspettava me. Si avvicina e capisce che ho male al piede, mi da i suoi cerotti, va meglio. Mi cammia di fianco e mi aggiusta lo zaino, non ho più dolore. Mi cammina di fianco e mi parla. Parliamo, io, A. e Wulf...e A. ridendo dice :"sembriamo i discepoli in cammino verso Emmaus che non si accorgono di stare facendo la strada con Gesù". Penso che quella mattina,in quel sentiero ognuno di noi fosse per l'altro talmente speciale da richiamare ad una compagnia divina. Se non altro per me si.Senza dirci nulla lui mi ha fatto da padre per tutti i giorni del cammino con un'attenzione ed un affetto commovente. Io senza saperlo sono stata la figlia con cui lui avrebbe dovuto percorrere quella strada. E in mezzo a questo c'è stata vita condivisa e la sensazione che ciò che lui era per me e ciò che io ero per lui fossero un dono preciso per quel momento, fatto apposta per noi, una risposta ad una preghiera. 
Da quel momento non ho più fatto un passo da sola, eravamo sempre insieme, anche su strade sbagliate ma bellissime, anche su lunghi ponti su cui io non sarei mai salita da sola. Quello che abbiamo condiviso è stato tanto. Il giorno che ci siamo salutati penso di non aver dormito tutta la notte dal dispiacere. Fin dal primo giorno, dalla prima fatica avevo affrontato il cammino come metafora della mia vita e questo distacco lo era in un modo evidente. Lasciare il padre nel bel mezzo del cammio e ritornare a camminare sola. Sapete, l'affetto che ha avuto per me mi ha dato forza per tutto il cammino successivo. E questa è la metafora più vera.

Ecco il ragalo più bello che una figlia possa ricevere.

domenica 6 gennaio 2013

Anyway

Davanti a certe cose mi ripeto sempre ciò che mi disse R : "vedrai tra qualche tempo andrai ad accendere un cero per ringraziare che sia andata così" e vedendo le lacrime di S. trattenute a stento mentre si confidava con me, le ho ripetuto la stessa cosa. Non capisco il perchè di certi incontri e il perchè vadano in un modo piuttosto che in un altro, ma nel duomo di Brema, tra l'albero di Natale e le decorazioni, ho acceso due candele, le prime dell'anno, una per S. e una per me. Non ho fatto liste di cose o persone del 2012 da dimenticare, mi sembrerebbe di concedere troppo tempo anche solo per pensarci, ma ho ben chiaro quello che ho imparato quest'anno da certi incontri ,ed è tutto sintetizzato in una frase di quel genio, sensibile e dannato di Bukowski:
Ti aspetti di trovare poesia in una rivista di poesia? Le cose non sono così semplici. 
Cosa si può aggiungere davanti a questa eloquenza?
Nella mia vita ho tante cose da mettere a posto,  ma l'unica cosa che chiedo è che ogni anno possa iniziare accendendo una candela: "per tutto quello che è stato, anche se non lo capisco, grazie lo stesso...



Ti ho mandata via.
Sento l'odore della città
non faccio niente, resto chiuso qua.
Ecco un altro dei miei limiti.
Io non sapevo dirti che
solo a pensarti mi da i brividi
anche a uno stronzo come me
come me ...
Ma non pensarmi più,
ti ho detto di mirare
L'AMORE SPACCA IL CUORE.
Spara! Spara! Spara, Amore!
Tu non pensarci più,
che cosa vuoi aspettare?
L'AMORE SPACCA IL CUORE.
Spara! Spara! Spara, dritto qui ...





martedì 1 gennaio 2013

Piazza Borgo Dora

Appoggiata al muro della pace ad un tratto sento qualcuno prendermi sotto braccio, non faccio in tempo a girarmi che ho già messo le mie mani nelle sue e piegandomi in avanti affondo il mio viso in un abbraccio che dura.
Stringo quelle mani da 5 anni ed ogni volta le sento passarmi vita e amore.
Io sono come la donna che si allunga per toccare un lembo del mantello di Gesù.
Ecco, io ho una storia d'amore con queste mura e con questi volti torinesi e se amore è  non poter immaginare di vivere senza qualcuno, io non potrei immaginare la mia vita senza l' incontro con queste mani che mi hanno testimoniato il vangelo vissuto, che mi hanno aperto all'uomo e  che mi hanno fatto sentire l'abbraccio di Dio, un abbraccio che dura.