mercoledì 21 agosto 2013

c'è un viale dietro casa mia

C'è un viale dietro casa mia. Quando lo si intraprende non se ne vede la fine ed è un vortice di verde, un corridoio di ombra per chilometri e chilometri. Non so quanta strada si percorra, so solo che arrivata alla fine del viale, solitamente, mi sento la testa già più sgombra da pensieri e ansie e le gambe doloranti.
Oggi però ho sentito che per ritornare ad essere pacata e pacifica col mondo esterno quel corridoio verde non mi sarebbe bastato. l'ho percorso 4 volte. La prima avrei voluto fermarmi ad ogni singolo tronco d'albero per tirare pugni e calci; il secondo giro mi limitavo a brontolare; il terzo giro sentivo gli uccelli cantare sugli alberi e al quarto mi meravigliavo di quanto fosse bello quello che vedevo.
Il primo anno in una terra straniera vola via che ti sembra di aver giocato. Quando una sera decidi di provarci per un altro anno, alcuni pensieri iniziano a sussurrarti dentro...stai mettendo radici qui o le stai togliendo dalla tua terra? stai perdendo tempo e amici o sei sulla strada migliore per te?sei da sola, un altro anno...e la lingua?e perchè stai qui? e il lavoro e i soldi e il futuro?
In Italia ero bombardata dalla presenza di persone, volti e parole ma arrivata qui il silenzio è stato assordante,  amplificato dall'assenza di Isa per casa. Mi intrufolo in bar italiani e parlo, parlo, parlo così velocemente e voracemente in italiano che costringo il barista a sedersi a bere un cappuccino con me per stare dietro a tutti i miei discorsi. In casa sono finiti anche i biscotti "Mulino Bianco". Rientro difficile. Sento il bisogno di sentire mia mamma, da quanto tempo, che bello...e glielo dico così, sul finale della telefonata, in sfumata, quasi ne avessi timore: "ti voglio bene".



venerdì 9 agosto 2013

Le cose di quaggiù

Io, il condizionatore e Natalia Ginzburg, stasera le sue parole sono mie : "arrivarono lettere dalla mia città, con notizie di nozze e di morti dalle quali eravamo esclusi."
Ripenso a Erika, alla mia amica che tra qualche giorno avrebbe compiuto gli anni.
Penso a S e C al loro amore nato sotto i miei occhi, ascoltato nei pomeriggi di Domenica trascorsi in pigiama in una piccola stanza in centro città. Si sposano. Lei sarà solare nel suo vestito bianco e lui emozionato e sudato mentre la aspetta all'altare.
Oggi sono a casa, casa casa, quella in Italia, quella che non ha un odore particolare perchè ci sei troppo abituato per riconoscerlo; quella dove hai aneddoti e ricordi in ogni angolo. Prendo la bici di mio papà, lascio il cellulare a casa e mi ritrovo a pedalare spedita su strade che conosco. Inizio ad immaginare di parlare con mio padre, come quando percorrevamo quelle vie insieme, lui su quella bici che oggi è mia. Gli avrei detto tutto di quelle morti e di quei matrimoni e su questi ultimi avremmo sorriso e scherzato. Le mie gambe vanno inaspettatamente veloci, gli allenamenti di Hannover danno i loro frutti e incredula sulla mia velocità, due ore dopo, mi ritrovo lì, sulla panchina dove, da sempre, come rito, mi fermo per scrivere un messaggio a qualcuno che non sento da tempo. E' un rito dall'origine enigmatica che ormai non posso fare a meno di compiere quando passo di lì...ma il cellulare è a casa, che bello, così dopo aver appoggiato la bici alla panchina, mi ci siedo sopra e guardo in sù. Quando guardo il cielo penso sempre a Wulf con cui, un anno fa, guardavo i cieli portoghesi. L'anno scorso, con lui, avevo guardato il cielo, dopo tanto tempo, senza aver paura che guardandolo mi sarei sentita piccola e sperduta. Un anno dopo sono qui, sento che non mi basta immaginare mio padre, Wulf o chicchessia, sento che mi manca qualcuno che mi stia accanto mentre da quaggiù guardo il cielo.