venerdì 9 agosto 2013

Le cose di quaggiù

Io, il condizionatore e Natalia Ginzburg, stasera le sue parole sono mie : "arrivarono lettere dalla mia città, con notizie di nozze e di morti dalle quali eravamo esclusi."
Ripenso a Erika, alla mia amica che tra qualche giorno avrebbe compiuto gli anni.
Penso a S e C al loro amore nato sotto i miei occhi, ascoltato nei pomeriggi di Domenica trascorsi in pigiama in una piccola stanza in centro città. Si sposano. Lei sarà solare nel suo vestito bianco e lui emozionato e sudato mentre la aspetta all'altare.
Oggi sono a casa, casa casa, quella in Italia, quella che non ha un odore particolare perchè ci sei troppo abituato per riconoscerlo; quella dove hai aneddoti e ricordi in ogni angolo. Prendo la bici di mio papà, lascio il cellulare a casa e mi ritrovo a pedalare spedita su strade che conosco. Inizio ad immaginare di parlare con mio padre, come quando percorrevamo quelle vie insieme, lui su quella bici che oggi è mia. Gli avrei detto tutto di quelle morti e di quei matrimoni e su questi ultimi avremmo sorriso e scherzato. Le mie gambe vanno inaspettatamente veloci, gli allenamenti di Hannover danno i loro frutti e incredula sulla mia velocità, due ore dopo, mi ritrovo lì, sulla panchina dove, da sempre, come rito, mi fermo per scrivere un messaggio a qualcuno che non sento da tempo. E' un rito dall'origine enigmatica che ormai non posso fare a meno di compiere quando passo di lì...ma il cellulare è a casa, che bello, così dopo aver appoggiato la bici alla panchina, mi ci siedo sopra e guardo in sù. Quando guardo il cielo penso sempre a Wulf con cui, un anno fa, guardavo i cieli portoghesi. L'anno scorso, con lui, avevo guardato il cielo, dopo tanto tempo, senza aver paura che guardandolo mi sarei sentita piccola e sperduta. Un anno dopo sono qui, sento che non mi basta immaginare mio padre, Wulf o chicchessia, sento che mi manca qualcuno che mi stia accanto mentre da quaggiù guardo il cielo.

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