mercoledì 14 novembre 2012

Fratelli

Oggi ad Hannover ci siamo svegliati col cielo sgombro di nuvole e un sole insolitamente luminoso. Ho guardato in su con gli occhi stanchi di chi è da 4 giorni da sola alle prese con 3 bambini e tenendo Fabian per mano mi sono infilata come sempre nella Bahn 5 in direzione Kropcke. Oggi Fabian ha l'asilo, poi un'ora per tornare a casa, cambiarlo, fare merenda e riprendere la Bahn fino a Clawsewitzstrasse, cambiare e arrivare ad Hokey e alle 18.30 se le coincidenze sono giuste, torniamo a casa, fa la doccia, mangia e va a letto, non prima di aver detto un padrenostro, un'avemaria e qualcos'altro. Questa routine incalzante del fare è alienante, l'apparire e il fare sempre al meglio sembra essere spesso l'unico motore di ogni cosa ed io guardo a questo modo di vivere come ad un vortice privo di senso nel quale non voglio entrare.Eppure da tre mesi ne sono immersa, le abitudini, i ritmi, i rapporti di questa famiglia li condivido giorno dopo giorno, ora dopo ora. Oggi no, oggi che non c'è nessuno e possiamo, io e Fabian non andiamo ad Hokey. "Io sono felice quando non ho sport"mi aveva confidato. Oggi non andiamo ad Hokey, Fabi, non voglio nemmeno io, questa routine mi sta uccidendo, voglio respirare per un giorno. Nel freddo di un cielo senza nuvole lui ha preso il monopattino e abbiamo corso lungo le strade, passando ville e palazzi, lanciati a gareggiare con le macchine, con la Bahn o con le biciclette. Ci siamo fermati solo alla vista di un parco giochi. Il sole sta per tramontare, forse è tardi, forse la madre non vorrebbe, forse non può sporcarsi. No manu oggi no, oggi devi respirare. Un bambino sporco e felice sta tirando dei rigori e in porta c'è un ragazzo che si gira e mi parla velocemente sorridendo..."ich verstehe wenig deutsch*" ma lui sorride e riprende a parlare e parare come se nulla fosse, mentre Fabian prende parte  a quella partita improvvisata. Mi siedo a guardarli. "seit ihr bruder?*" chiedo al ragazzo.
"No, cioè si..." inizia  così a raccontarmi della casafamiglia in cui vive, di sua madre e del posto in cui io e fabi eravamo capitati, un quartiere in cui studiano seminaristi, vengono ospitate famiglie, accolti bambini, costruiti asili, aiutati anziani. Mi guardo intorno e lo vedo, ne percepisco il clima, in questo posto c'è vita, c'è quel qualcosa che manca nella vita di Fabian e dei suoi fratelli, c'è il prossimo, c'è lo scambio, c'è il vivere insieme all'altro e per l'altro, c'è un campetto da calcio in cui correre e trovare sempre qualcuno che para i tuoi rigori e ti fa domande sulla tua vita e sull'ultimo cartone che hai visto. Un campanile svetta dietro agli edifici. Guardo il ragazzo e gli dico nel mio tedesco ancora incerto: "Sono cattolica e tu protestante ma quando vedo questo mi rendo conto che siamo insieme". Il sole sta tramontando, il cielo è rosa e azzurro. Mentre il ragazzo mi parla di Buffon io mi commuovo  perchè ho davanti qualcosa che per me ha senso. Fabian mi vede si avvicina e chiede: "possiamo venire ad abitare più vicino a questo campetto?"

* io capisco poco tedesco
*siete fratelli?